Nell’era degli scontrini telematici la procedura commerciale del reso di merce sopravvive ai nuovi registratori, ma impone al commerciante l’acquisizione di informazioni per identificare in modo puntuale l’operazione. Questa rilevazione deve, in pratica, consentire l’acquisizione delle informazioni desumibili generalmente dal contenuto della fattura e della nota di variazione. 

In particolare, al momento in cui il cliente si presenta per rendere il bene in negozio il commerciante deve aprire la pratica di reso, deve attribuire alla pratica un numero di identificazione che deve essere riportato su ogni documento emesso per certificare il rimborso e deve acquisire tutti quegli elementi probanti l’acquisto originario. In particolare deve acquisire:
• le generalità del soggetto acquirente;
• l’ammontare del prezzo rimborsato;
• i dati di riferimento del documento certificativo dell’operazione originaria; 

L’acquisizione di tali informazioni che, come sottolinea il principio 21/2019, sono quelle che teoricamente sarebbero state desumibili se fosse stata emessa una fattura, devono consentire in ogni momento all’Amministrazione di ricostruire le singole operazioni e la corrispondenza delle stesse con l’ammontare dei corrispettivi trasmessi e nelle registrazioni effettuate. Da quanto chiarito dall’Agenzia si desume che il commerciante può operare il reso solo se il cliente è in grado di esibire il “documento commerciale” relativo all’acquisto originario. Documento che rispetto al passato è identificato in modo inequivocabile dal codice di identificazione del punto vendita e del relativo registratore telematico. Inoltre, un passaggio operativamente non semplice è rappresentato dell’esatta corrispondenza tra l’ammontare dei corrispettivi trasmessi e quanto registrato. Questo passaggio è delicato e, in effetti, la stessa Agenzia sottolinea che al fine di identificare correttamente le operazioni che si sono realizzate il contribuente può utilizzare le scritture ausiliarie di magazzino. 

Segue il link al provvedimento.